Il Dr. Ruggero Larco presenta la relazione: “Le antiche stazioni di Posta lungo la via Francigena
Il Dr. Ruggero Larco presenta la relazione: “Le antiche stazioni di Posta lungo la via Francigena

18/03/2021 Annata 2020-2021

Dopo aver salutato gli amici presenti a questa riunione telematica, il Presidente introduce il relatore della serata illustrandone brevemente il curriculum.

Il Dr. Ruggero Larco è nato in Versilia e risiede a Firenze dove si è laureato in Architettura. E’ membro dell’Accademia Italiana della Cucina e direttore del centro studi per la Toscana per il quale cura molti volumi. Ha scritto molti libri fra cui “la civiltà della tavola”, “La Maremma in tavola – luoghi, storie e ricette tra terra e mare” e molti altri. Fra questi il libro: “Stazioni di posta, Lunigiana, Garfagnana, Lucchesia, Versilia: 20 tappe storico gastronomiche” su cui si basa la relazione di questa sera.

Il Presidente passa poi la parola al Dr. Larco:

Per prima cosa il relatore descrive come sono nate le stazioni di posta medievali e come si è arrivati ai giorni nostri, partendo con la descrizione dei percorsi lungo i quali le persone hanno iniziato a muoversi per raggiungere determinate destinazioni, in particolare Roma. Nell’antichità venivano privilegiati i percorsi di crinale, cioè sugli spartiacque per evitare il fondovalle che richiedeva attraversamenti di fiumi, passaggi in territori paludosi o boscosi e quindi pericolosi. Successivamente, già con gli Etruschi, nasce la necessità di percorsi più agevoli, più larghi per consentire il passaggio di carri trainati da buoi. Nascono così i percorsi di controcrinale che seguono una determinata linea di livello più vicini al fondovalle. Ai vari percorsi corrispondono gli insediamenti che sono nati al termine del percorso stesso per consentire la sosta ai viaggiatori. Ad es. in Toscana: Fiesole, Gavorrano, Scarlino, Massa Marittima ecc.

Con i romani nascono le vie di comunicazione con vere e proprie strade lastricate più funzionali che corrispondono ad una ben precisa pianificazione territoriale per mezzo della centuriazione (la centuria è un quadrato di 50 ettari).

Quando i Romani si muovevano utilizzavano carri trainati da animali, buoi o cavalli. Ciò richiedeva l’organizzazione di luoghi dove riposare, rifocillarsi e far riposare gli animali alla fine di ogni tragitto. Per questo motivo organizzarono appositi insediamenti alla fine di ogni percorso: le mansiones e le tabarnae, quelle che poi diventeranno le “stazioni di posta”, non solo per rifocillarsi ma anche per cambiare i cavalli.

Queste stazioni di posta hanno avuto, nei secoli, un’importanza fondamentale perché paino piano si sono espanse in borghi e città con mercati, commerci, ecc.

Se consideriamo tre importanti strade romane: l’Aurelia, la Cassia e la Clodia oggi a distanza di 2500 anni troviamo le stesse “stazioni di posta”, diventate oggi borghi o città.

La stessa cosa vale per la via Francigena, cioè quell’insieme di strade che portavano i pellegrini a Roma, in prevalenza dall’Europa del Nord e da quella centrale.

Il riferimento più importante relativo ad un tale percorso si trova nel dettagliato racconto (79 tappe) fatto da Sigerico di Canterbury (950 – 994), Arcivescovo Cattolico Britannico, che nel 990 intraprese il viaggio verso Roma per ricevere dal Papa Giovanni XV il “pallium” (paramento liturgico, una striscia di lana bianca, decorata da croci, dà avvolgere sulle spalle) simbolo della dignità Arcivescovile.

Una tratta di tale percorso, lungo e variegato, fatto da Sigerico, in uno dei territori più belli e ricchi del mondo, la Toscana, parte con il suo arrivo a Pontremoli, attraverso il Passo della Cisa e si dipana attraverso Aulla, Avenza, Camaiore, Lucca, Porcari, Altopascio, Ponte a Cappiano, Fucecchio, San Miniato, Castelfiorentino, Gambassi Terme, San Gimignano, Colle Val d’Elsa, Monteriggioni, Siena, Ponte D’Arbia, Montalcino, San Quirico d’Orcia, Castiglion d’Orcia, Abbadia San Salvatore, per entrare poi nel Lazio verso Acquapendente. In totale Siderico ha percorso 20 tappe in Toscana e ci ha lasciato i nomi dei precedenti borghi che costituivano le stazioni di posta presenti alla fine di ogni tappa. Ovviamente i borghi di allora sono diversi da quelli odierni, alcuni sono diventati importanti città.

Il relatore pone poi l’accento sulla parte nord della Toscana: Lunigiana, Garfagnana, Lucchesia e Versilia per citare alcuni aspetti gastronomici e le medesime ricette rivisitate all’uso dei tempi passati.

Per es. entrando in Toscana sia dal nord che dal sud troviamo due piatti molto particolati: un semplice impasto di acqua e farina ma che origina due piatti molto diversi. Nel sud della toscana l’impasto viene usato per creare una specie di spaghettoni, i pici, che si mangiavano con olio e formaggio, mentre nel nord, ad esempio a Pontremoli, questo stesso impasto veniva usato in modo diverso, creando i testaroli che vengono cotti su un testo nella brace.

In pratica, ciò che mangiamo oggi non è poi molto diverso do ciò che mangiavano 700 anni fa. Ovviamente ciò che distingue i piatti di oggi da quelli di allora è la qualità delle materie prime, il modo di cucinarle, in particolare l’igiene che allora lasciava molto a desiderare. Però i piatti che troviamo oggi sono, in molti casi, gli stessi di allora, ovviamente opportunamente rivisitati. Per esempio, la minestra di pane, o zuppa di pane, variamente rinominata a seconda del luogo, ribollita, zuppa pisana e così via, è praticamente rimasta la stessa, forse con l’uso di una maggiore quantità di olio nella variante odierna.

Il relatore si è anche chiesto come si viveva in queste stazioni di posta, in particolare in epoca medioevale. Facendo alcune ricerche storiche ha trovato esistevano varie tipologie di locande frequentate da persone di differenti livelli di status sociale. A livello più basso la locanda disponeva di un solo locale dove si cucinava, si mangiava e si dormiva, spesso per terra o al più su un tavolaccio. Nei migliori casi era presente la sala da pranzo oltre alle camere. C’erano anche locali dove era possibile soltanto bere, tipo osterie, dove era possibile trovare diversi tipi di vini, spesso annacquato, e anche la birra.

Concludendo, il relatore osserva che quando ci troviamo davanti un piatto, con buona probabilità ci troviamo a mangiare un piatto che ha una sua storia, una sua tradizione, che dovrebbe essere considerato come una piccola opera d’arte.

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